La discalculia fa parte dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e riguarda le abilità matematiche e di calcolo. Fanno parte dei DSA anche dislessia, disortografia e disgrafia, di cui abbiamo già parlato in articoli precedenti. Oggi approfondiamo l’aspetto della discalculia, chiarendo alcuni punti fondamentali.
Fino ad adesso sono stati identificati almeno 2 profili di discalculia. Un primo profilo è relativo alle difficoltà nella cognizione numerica di base e l’altro è relativo alle difficoltà nelle procedure esecutive e del calcolo scritto.
Profilo 1: Discalculia e cognizione numerica di base
La cognizione numerica di base riguarda tutte quelle abilità innate che vengono sviluppate dai bambini dalla nascita in poi. Questo significa che ci sono alcune competenze numeriche che ognuno di noi sviluppa prima di accedere alla scuola primaria e che hanno una base innata. Mano a mano che il bambino cresce, sviluppa diverse competenze quali: subitizing (capacità di distinguere in modo rapido la quantità di un numero di oggetti), quantificazione, comparazione, seriazione e strategie di calcolo a mente. Queste sono le basi su cui poi si andranno a sviluppare le procedure esecutive che impariamo a scuola.
Esempi diDifficoltà nella cognizione numerica di base
Bambini e ragazzi che non abbiano sviluppato appieno queste capacità, possono, ad esempio, presentare difficoltà nell’ordinamento di numeri dal più piccolo al più grande su una linea immaginaria, avere difficoltà nel distinguere velocemente insiemi più o meno numerosi o avere difficoltà a distinguere quale numero è maggiore dell’altro.
Si può fare qualcosa per questo profilo di discalculia?
Sì! Nel caso in cui si notino alcune difficoltà sopra descritte, è possibile sia fare un accertamento delle abilità, sia impostare un percorso di potenziamento. Il percorso permetterà di migliorare e consolidare le basi. Dato che si tratta di abilità che dovrebbero essere innate, prima si agisce e meglio è al fine di agevolare i futuri apprendimenti scolastici.
Profilo 2: Discalculia e procedure esecutive
Il secondo profilo di discalculia, si riferisce invece a difficoltà relative alle procedure esecutive e alle difficoltà di calcolo. Fanno parte delle procedure esecutive la lettura, la scrittura e la messa in colonna dei numeri. Fanno, invece, parte delle difficoltà di calcolo il recupero dei fatti numerici (tabelline e operazioni semplici) e gli algoritmi (regole) del calcolo scritto.
Esempi didifficoltà e procedure esecutive
Chi rientra in questo secondo profilo può presentare difficoltà nella lettura e scrittura dei numeri e confondere, ad esempio il 6 e il 9, sbagliare nel mettere in colonna i numeri per eseguire le operazioni, avere difficoltà nel ricordare le procedure per eseguire i calcoli e avere difficoltà a ricordare anche le operazioni più semplici come le tabelline.
Si può fare qualcosa per questo profilo di discalculia?
Anche in questo caso la risposta è sì! E’ possibile intervenire, sia per valutare realmente le abilità, sia per potenziarle e aiutare i bambini e i ragazzi nelle procedure matematiche e nei calcoli.
Riassumendo…
Nel primo profilo descritto, si hanno difficoltà rispetto alle procedure di base che dovrebbero essere innate, nel secondo profilo invece si hanno difficoltà legate alle procedureesecutive.
La discalculia è diagnosticabile a partire dalla fine della 3° primaria, differentemente da dislessia e disortografia che possono essere diagnosticate a partire dalla fine della 2° primaria. Nonostante questo, è comunque possibile eseguire dei test che valutino i prerequisiti necessari per sviluppare correttamente le abilità numeriche e di calcolo.
La Disortografia e la Disgrafia fanno parte dei Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA). I DSA sono disturbi del neurosviluppo che colpiscono una o più abilità fra lettura, scrittura e matematica. Si chiamano Specifici proprio perché colpiscono specificatamente queste aree, a fronte di un’intelligenza nella norma.
Abbiamo già spiegato in articoli precedenti sia cosa siano, in generale, i DSA, sia cosa sia la Dislessia. Oggi cercheremo di chiarire cosa siano la disortografia e la disgrafia.
Aspetti comuni
Spesso si tende a confonderle perché sia la disortografia, sia la disgrafia sono difficoltà specifiche di apprendimento legate alla scrittura. Tuttavia i loro aspetti in comune finiscono qui. Infatti…
Disortografia
La disortografia riguarda l’ortografia, ovvero il modo di scrivere corrispondente alla norma grammaticale. Più semplicemente l’ortografia si riferisce al rispetto delle regole grammaticali. Di conseguenza, per disortografia si intende un disturbo specifico di apprendimento tale per cui il ragazzo non riesce a rispettare alcune regole grammaticali e compie numerosi errori. Gli errori sono i più vari: errori nella scrittura delle doppie, dei gruppi consonantici gn-gli-ghi-ghe-gi-ge-ci-ce, errori nella scrittura delle parole con l’apostrofo e con l’H.
Le persone con disortografia conoscono le regole grammaticali, ma non sono in grado di applicarle in maniera automatica. Questo significa che mentre scrivono una frase o pensano al senso della frase o alle regole grammaticali. Motivo per cui, spesso, almeno per i primi tempi, negli scritti dei ragazzi con disortografia si da maggior peso al contenuto piuttosto che alla forma.
Si può fare qualcosa per la disortografia?
Certo! Per le persone con disortografia è possibile migliorare e cercare di rendere più automatica l’applicazione delle regole. Il percorso è lungo e difficile, ma ci si può riuscire. Ovviamente nei momenti di agitazione e/ o di stanchezza, gli errori possono saltare nuovamente fuori.
Disgrafia
La disgrafia riguarda invece la calligrafia, ovvero la forma della scrittura ed in particolare quella in corsivo. E’ possibile diagnosticarla durante il ciclo della primaria, successivamente è più complicato perché crescendo ognuno di noi personalizza la propria calligrafia allontanandosi dalla scrittura accademica.
Una persona con disgrafia ha una calligrafia poco leggibile, quasi incomprensibile anche da se stessa. In genere è associata ad una gestione dello spazio-foglio non ottimale, quindi non riesce ad andare in linea, le lettere passano dall’ essere molto grandi ad essere molto piccole anche all’ interno della stessa frase.
La disgrafia è pertanto legata allamotricità fine, persone con disgrafia hanno infatti anche difficoltà in piccole cose della vita quotidiana come allacciarsi le scarpe o abbottonarsi la camicia o la giacca.
Si può fare qualcosa per la Disgrafia?
Anche qui la risposta è sì, Si può fare molto! Attraverso un buon percorso della durata di circa un anno, si vede un miglioramento sia della calligrafia, sia della motricità fine negli aspetti quotidiani.
Si sente spesso parlare di Dislessia e di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), ma c’è ancora molta confusione su cosa siano e, soprattutto, su come aiutare e cosa aspettarsi da bambini, ragazzi e anche adulti con DSA. Per un approfondimento su cosa siano i DSA rimandiamo ad un articolo precedente, così come per l’approfondimento su come leggono le persone con dislessia. In questo articolo cercheremo invece di sfatare qualche falso mito e qualche convinzione ancora presente.
Sfatiamo qualche falso mito sulla Dislessia!
“I ragazzi con dislessia hanno un’intelligenza sotto la norma”
FALSO! Bambini e ragazzi con dislessia o qualsiasi forma di DSA non hanno un’intelligenza sotto la norma. Anzi è proprio un criterio di esclusione, questo significa che il professionista prima di emettere una diagnosi di DSA, deve assicurarsi che l’intelligenza del bambino sia nella norma.
“Dislessici si diventa”
FALSO! Dislessici non si diventa, ma si è. E’, infatti, un disturbo del neurosviluppo. E’ possibile, tuttavia, che non ci si accorga immediatamente di questo disturbo se lieve e se il bambino attua già da solo alcuni metodi compensativi. Può tuttavia emergere in modo più severo con l’aumento delle richieste scolastiche.
“I bambini con dislessia non hanno voglia di leggere”
FALSO! Spesso a molti bambini con dislessia piace leggere, seppure fanno molta fatica. La poca voglia di leggere da una parte è fisiologica, come per molti bambini a sviluppo tipico, dall’altra deriva dalla fatica che questi bambini fanno durante la lettura, portandoli a preferire l’ascolto del racconto piuttosto che la lettura.
“Se si è dislessici, non c’è più speranza”
FALSO! E’ possibile migliorare le capacità delle persone con dislessia o altri disturbi specifici dell’apprendimento. Prima si riesce ad individuare il disturbo, prima si può intervenire con un percorso mirato. E’ possibile migliorare anche per adolescenti e adulti!
“E’ vero che più si legge meglio è?”
Non proprio, questo può funzionare per un bambino a sviluppo tipico, ma non per un bambino con dislessia.
“Perché?”
La persona con dislessia non riesce ad automatizzare la lettura, leggere tanto non aiuta a renderla automatica perché prima è necessario lavorare su quello che sta sotto la dislessia come la memoria di lavoro e l’attenzione.
“Ragazzi con DSA devono scegliere scuole meno impegnative”
FALSO! I ragazzi con DSA devono scegliere la scuola che preferiscono, pensando al proprio futuro. L’importante è fare ogni anno un buon PDP (Piano Didattico Personalizzato) e seguire dei percorsi apposta per potenziare le proprie abilità e impostare un metodo di studio basato sui propri punti di forza.
Tutti noi, a partire dalla fine della scuola Primaria, personalizziamo la scrittura in corsivo. C’è chi sostituisce alcune lettere del corsivo con lettere in stampatello minuscolo, chi cambia scrittura spesso e chi, addirittura, non scrive più in corsivo perché troppo laborioso o perché poco comprensibile. Addirittura a molti bambini già alla primaria viene consigliato di non scrivere più in corsivo perché incomprensibile (in alcuni casi può trattarsi di disgrafia, ma non in tutti). Lo sviluppo della tecnologia, dei computer, dei cellulari e dei tablet non ha aiutato in questo, anzi ci ha abituato alla comodità della dattilografia (che poi, chi realmente sa usare tutte le regole della dattilografia?!) e ci ha incentivato ad abbandonare la scrittura a mano e ancor di più la scrittura in corsivo.
Ma perché allora a scuola si impara il corsivo?
Se tanto ognuno di noi personalizza, giustamente, la propria scrittura secondo la propria comodità e personalità, perché insistere tanto sul corsivo?
Partiamo ricordando che la scrittura non è un qualcosa di separato dalla nostra vita quotidiana, sia perché a tutti, più o meno speso, capita di dover scrivere, sia perché la scrittura è espressione della motricità ed in particolare della motricitàfine. La motricità fine è quella particolare motricità che ci permette di afferrare e manipolare piccoli oggetti. La motricità fine si esprime soprattutto attraverso la presa con le tredita delle mani: pollice, indice e medio. Lo sviluppo corretto della motricità fine ha ripercussioni molto importanti sulla nostra vita poiché ci permette di abbottonarci camicia, giacca, allacciarsi le scarpe, prendere e utilizzare piccoli oggetti e, appunto, scrivere. La scrittura è un’abilità complessa che dipende da diverse componenti, tra cui proprio la motricità fine.
Se un bambino o un ragazzo ha molte difficoltà nella scrittura in corsivo, è pertanto preferibile lavorare su questa difficoltà poiché può celare fragilità nella motricità fine, nella gestione dello spazio, della superficie del foglio o del tavolo. Sollevarlo dalla scrittura massiccia in corsivo (ad esempio da dettati lunghissimi) può essere una strategia iniziale per evitare che si stanchi troppo. Infatti chi ha difficoltà nella scrittura in corsivo spesso tende ad avvertire male alla mano con cui scrive, tuttavia risulta fondamentale fare un percorso di rieducazione alla scrittura sia per migliorare il corsivo, ma soprattutto per migliorare tutte quelle abilità interconnesse alla scrittura. Ricordiamo che l’esercizio è importante e senza esercizi il rischio è quello di perdere delle abilità. Con questo non si vuole assolutamente insinuare che sia necessario scrivere e riscrivere mille pagine, tuttavia attraverso esercizimirati che sappiano colmare le difficoltà o alcune abilità ancora poco sviluppate (come ad esempio alcuni muscoli della mano), si può migliorare la scrittura e, di conseguenza, tutte le abilità ad essa correlate.
E’ meglio un Percorso di Potenziamento o di Aiuto Compiti?
Spesso si sente parlare di aiuto compiti, sostegno al metodo di studio e metacognizione e di potenziamento cognitivo, ma ancora più spesso non si comprende quale differenza ci sia e cosa sia meglio scegliere per il bambino. Scopo di questo articolo è fugare ogni dubbio, una volta per tutte!
Si parla di aiuto compiti tutte quelle volte in cui il bambino viene seguito durante lo svolgimento dei compiti, chiarendo concetti complessi, spiegando informazioni poco chiare e riprendendolo nel caso di distrazione, senza tuttavia dare indicazioni su come studiare un testo e senza indicare strategie alternative di studio. Nell’aiuto compiti la relazione è spesso uno a molti. L’aiuto compiti è pertanto un supporto indicato per tutti quei bambini che non hanno difficoltà di apprendimento e che hanno già un proprio metodo di studioconsolidato e funzionante. L’aiuto compiti può aiutare il bambino a concentrarsi, organizzarsi e svolgere i compiti in un minor tempo proprio perché seguito da un adulto che interviene in caso di bisogno.
Si parla di sostegno al metodo di studio e metacognizione tutte quelle volte in cui il bambino o ragazzo viene seguito per trovare un metodo di studio adatto a lui, basandosi sui suoi punti di forza, divenendo consapevole delle strategie migliori per se stesso. In genere la relazione è uno ad uno, ma può anche essere uno a due, tre se i bambini sono piuttosto omogenei sia a livello di caratteristiche, sia a livello di età. Il sostegno al metodo di studio e metacognizione è adatta a tutti quei bambini o ragazzi con o senza difficoltà di apprendimento che non abbiano ancora trovato un metodo di studio efficace da applicare. A differenza dell’aiuto compiti, pertanto, l’obbiettivo non è riuscire a concludere gli esercizi, ma trovare un metodo idoneo che il bambino possa applicare anche in autonomia a casa.
Si parla infine di potenziamento cognitivo tutte quelle volte in cui il bambino o ragazzo è seguito per potenziare alcuni aspetti legati ad attenzione, lettura, funzioni esecutive, memoria di lavoro,…tutte quelle componenti che sottostanno alle difficoltà di apprendimento. In questo caso la relazione è sempre uno ad uno poiché il potenziamento richiede estrema concentrazione e deve essere tarato sul bambino di volta in volta seguendone i progressi. Il potenziamento cognitivo è adatto a tutti quei bambini o ragazzi con difficoltà di apprendimento e/o di attenzione che fanno fatica nei vari aspetti dell’apprendimento. A differenza del sostegno al metodo di studio, nel potenziamento cognitivo si lavora sulle difficoltà sottostanti al metodo di studio, aumentando le risorse cognitive del bambino. Il potenziamento cognitivo deve essere effettuato regolarmente, in modo continuativo e progressivo al fine di ottenere buoni risultati perché si va a lavorare sulle funzioni esecutive. A seguito o in parallelo al potenziamento cognitivo può essere affiancato un percorso sul metodo di studio, per imparare come affrontare lo studio o un percorso di aiuto compiti per lavorare sull’autonomia se si ha già un metodo di studio efficace.
Concludendo, possiamo affermare che la scelta del percorso dipenda esclusivamente dall’obiettivo che si vuole raggiungere e dalle abilità del bambino o ragazzo. Scegliere il percorso più adatto è fondamentale per portare progressivamente i bambini all’autonomia e all’indipendenza. E’ pertanto necessario scegliere sempre pensando al futuro e non al bisogno immediato. Malgrado sia difficile e scoraggiante impegnarsi in percorsi a lunga durata, spesso scegliere un percorso più impegnativo e più lungo nel presente, può portare a risultati migliori nel futuro. Dobbiamo sempre chiederci e, nel caso affidarci agli esperti, che cosa sia meglio per il futuro del bambino.
In un articolo precedente, abbiamo parlato dell’importanza dell’attenzione e delle memorie anche nei Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), ma come legge una persona con dislessia? E perché?
Secondo la Neuropsicologia, ci sono due vie per la lettura: la via fonologica e la via lessicale. La prima permette una conversione grafema/fonema e quindi una lettura lettera per lettera, mentre la seconda permette una lettura più veloce accedendo al significato della parola.
Quando impariamo a leggere, utilizziamo prevalentemente la via fonologica, leggendo lettera per lettera. Attraverso la pratica e l’automatizzazione di questa via, si passa gradualmente a sviluppare la via lessicale che ci permette di leggere le parole più velocemente, proprio perché sono conosciute e riusciamo ad accedere al loro significato.
DI QUALI RISORSE ABBIAMO BISOGNO PER CONSOLIDARE LA VIA FONOLOGICA?
Per passare dalla via fonologica a quella lessicale, è necessario che venga ben consolidata la via fonologica e, per farlo, sono necessarie alcune risorse.
1- Risorse attentive: utili per associare il suono al grafema 2- Attenzione Spaziale: utile per spostare l’attenzione da una lettera all’altra e da una parola a quella successiva 3- Memoria di Lavoro: utile per conservare le lettere e completare la decodifica 4- Visuo-Percezione: utile per riconoscere lettere e suoni simili
Una volta consolidata la via fonologica siamo pertanto in grado di riconoscere velocemente le lettere e associarle ai suoni corrispondenti.
SAPER SPOSTARE L’ATTENZIONE IN MODO FUNZIONALE ALLA LETTURA.
Una volta che la via fonologica è stata ben acquisita, è importante essere in grado di spostare l’attenzione in modo funzionale. E’ infatti importante avere la capacità di stringere il fuoco dell’attenzione su determinati particolari o di allargarlo sull’intera parola.
RICONOSCIMENTO DELLA FORMA DELLE PAROLE
Una volta acquisita la capacità di gestire il fuoco dell’attenzione, si può passare alla formazione di una memoria a lungo termine per la forma delle parole. Questo permette, quando leggiamo un testo, di riconoscere immediatamente le parole che fanno parte di questa memoria e di leggerle velocemente accedendo al loro significato.
A questo punto la via lessicale è sviluppata e verrà utilizzata in modo preferenziale poiché più veloce ed efficiente.
Come abbiamo visto, la formazione della capacità di leggere attraverso la via lessicale, è strettamente legata alle capacità attentive.
SPOSTAMENTO DEI MOVIMENTI OCULARI
I movimenti oculari saccadici, sono rapidi spostamenti dell’occhio che ci aiutano nella lettura. Nello stesso istante in cui decodifichiamo una parola, la periferia del fuoco attentivo è già passata ad analizzare la parola successiva. Questo permette, mentre decodifichiamo una parola, di iniziare a processare già la parola successiva che sta alla destra della precedente. Lavorando con la periferia del fuoco attentivo, non si crea interferenzarispetto alla parola che si sta processando, ma ci da informazioni utili per la lettura della parola successiva come lunghezza e posizione. Questo ci permette di essere avvantaggiati e sapere già di quanto spostare il fuoco dell’attenzione sulla parola successiva ed essere piùfluidi nella lettura.
Ecco che, in alcune persone con dislessia, questi movimenti oculari saccadici non avvengono in modo ordinato ed efficiente. Sono presenti anzi molte regressioni oculari, quindi il fuoco dell’attenzione tende a tornare indietro su parole già lette, il tempo impiegato nella fissazione della parola è molto ampio e i movimenti oculari in avanti sono molti, brevi e non efficienti.
Di seguito, un esempio di come vengano eseguiti i movimenti oculari saccadici di un normolettore e di una persona con dislessia. Come si può notare, la persona con dislessia tende a spostare le saccadi in maniera disordinata ed inefficiente, commettendo molte regressioni non informative.
bty La Dislessia pp. 35, Eva Benso, il leone verde 2011
Le persone con dislessia pertanto hanno difficoltà nell’automatizzare il modulo di lettura e nell’automatizzare i movimenti oculari saccadici in modo che siano informativi e facilitino la lettura. Questo comporta un maggiore dispendio di energie che vengono, di conseguenza, tolte ad altri processi quali la comprensione del testo, la formulazione di risposte, il ragionamento e il collegamento fra argomenti già studiati. Tutto questo, porta inevitabilmente una persona dislessica a stancarsi prima rispetto ai normolettori, ad esaurire prima le risorse attentive avendo quindi difficoltà a svolgere compiti molto lunghi e in cui la richiesta attentiva è molto alta (un esempio possono essere compiti in classe molto lunghi).
Bibliografia: Baddeley, A.D. (2003), Working memory:looking back and looking forward, in “Nature Reviews Neuroscience”, 4, pp.829-839. Benso E. (2011) La dislessia. Torino: Il leone verde. Benso F. (2018) Attenzione esecutiva, memoria e autoregolazione. Firenze: Hogrefe. Raz, A (2004), Anatomy of attentional networks in “Anatomic Record, Part B, New Anatomist” 281, pp. 21-36.
Come illustrato in un articolo precedente, quello che accomuna tutti i DSA è la mancanza di automatismi. In questo articolo, cercheremo invece di capire come poter intervenire e migliorare le abilità, non solo di bambini o ragazzi, ma anche degli adulti.
Quando eseguiamo una qualsiasi azione, sia essa fisica o mentale, utilizziamo delle energie. Così come le energie fisiche non sono (ahimè) infinite, anche quelle mentali si esauriscono. Le risorse che abbiamo a disposizione per eseguire le operazioni mentali sono infatti limitate. Questo significa che per eseguire un’azione utilizziamo una parte di risorse. Più l’azione che dobbiamo eseguire è automatizzata, meno risorse utilizziamo. Utilizzando poche risorse, potremo spenderne altre per eseguire un’altra azione contemporaneamente.
Un esempio calzante è la guida. Le prime volte in cui si impara a guidare, tutte le risorse sono impiegate nella guida stessa e non siamo in grado di svolgere ulteriori azioni come parlare o ascoltare. Man mano che acquisiamo sicurezza nella guida (il processo diventa automatico) ecco che siamo in grado non solo di guidare con maggiore disinvoltura, ma anche di svolgere altre operazioni come parlare al passeggero, ascoltare la musica,… Il processo di guida, torna a necessitare di più risorse attentive nel momento in cui, ad esempio, ci troviamo a guidare in una città che non conosciamo o in un paese in cui la guida è a sinistra. In questi casi, avremo bisogno di essere nuovamente concentrati al massimo sulla guida perché sono presenti stimoli diversi dal solito e che non sappiamo “processare” in maniera automatica.
Allo stesso modo, una persona con DSA. non è in grado di automatizzare la lettura, la scrittura o il calcolo. Questo significa che dovrà investire sempre una grande quantità di risorse cognitive per svolgere tali operazioni.
Quello che si può fare è lavorare sulla memoria di lavoro e sulle capacità attentive. Si cerca, attraverso un potenziamento specifico di aumentare la capacità sia della memoria di lavoro, sia dell’attenzione sotto tutte le sue forme. Aumentare le risorse attentive e il modo di gestirle, significa aumentare le risorse cognitive che abbiamo a disposizione per eseguire le varie operazioni e, quindi, lavorare sugli automatismi.
L’obiettivo principale, pertanto, non è lavorare direttamente sulle capacità di lettura, scrittura o calcolo, ma sulle risorse che ne permettono lo sviluppo. In questo modo, si otterrà anche un miglioramento conseguente sulle capacità di apprendimento che risulteranno più automatizzate. Ciò permette alle persone con D.S.A. di avere a disposizione ulteriori risorse per svolgere altre operazioni.
Cosa sono la memoria di lavoro e l’attenzione?
La memoria di lavoro (ML) è una particolare tipologia di memoria a breve termine, che ci permette di tenere a mente le informazioni per eseguire delle operazioni mentali su di esse. La ML è utilizzata innumerevoli volte durante la giornata, essa ci permette infatti di tenere a mente un numero di telefono suddividendolo in raggruppamenti di 3 numeri o di conservare informazioni sulle lettere, per poi completare la decodifica della parola.
L’attenzione è un processo cognitivo che permette di selezionare le informazioni necessarie, escludendo i distrattori e il rumore di fondo. Ci permette, pertanto, di concentrarci su uno stimolo target, senza farci distrarre dall’ambiente circostante. Ci sono molte tipologie di attenzione: – divisa >> riuscire a prestare attenzione su più stimoli contemporaneamente; – selettiva >> concentrarsi su un solo elemento per volta; – mantenuta >> protrarre l’attenzione per un tempo piuttosto lungo su una qualsiasi operazione; – alternata >> capacità di alternare l’attenzione fra due stimoli diversi;
Appare pertanto evidente l’importanza sia della memoria di lavoro, sia di tutte le tipologie di attenzione per sviluppare le abilità di apprendimento (lettura, scrittura e calcolo). Se, ad esempio, la ML ci permette di tenere a mente l’inizio della parola che stiamo leggendo, per poi individuarla nella sua interezza e comprenderla, l’attenzione ci permette di selezionare quella parola, spostare le risorse da una lettera a quella successiva, ignorare i distrattori e aggiornare la ML.
Bibliografia: Baddeley, A.D. (2003), Working memory:looking back and looking forward, in “Nature Reviews Neuroscience”, 4, pp.829-839. Benso E. (2011) La dislessia. Torino: Il leone verde. Benso F. (2018) Attenzione esecutiva, memoria e autoregolazione. Firenze: Hogrefe. Raz, A (2004), Anatomy of attentional networks in “Anatomic Record, Part B, New Anatomist” 281, pp. 21-36.
Quando un genitore ha il sospetto che le difficoltà riscontrate dal proprio figlio nello studio, siano legate a un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA), deve immediatamente rivolgersi a dei professionisti.
In Italia, la valutazione e l’eventuale diagnosi di DSA può essere effettuata solo da Psicologi che effettuinovalutazioni neuropsicologicheo Medici, attraverso l’utilizzo di test standardizzati, seguendo apposite linee guida. A seconda della Regione di appartenenza, l‘iter diagnostico può essere intrapreso presso un’azienda della sanità pubblica, oppure presso un professionista privato che abbia competenza in materia.
In alcune regioni la valutazione e la diagnosi di DSA possono essere effettuate solo dall’ASL, in altre possono essere effettuate da professionisti privati e validate dall’ASL, in altre ancora possono essere effettuate solo dall’ASL o professionisti accreditati. Per quanto riguarda la regione Emilia-Romagna, è possibile intraprendere l’iter sia all’AUSL, sia presso un professionista. In alcuni casi poi, la scuola richiede che la certificazione sia validata dall’AUSL (la validazione è molto veloce da ottenere).
Sia che venga fatta presso l’ASL, sia che venga fatta presso uno psicologo, la valutazione deve essere effettuata attraverso test standardizzati che indaghino le seguenti aree:
Intelligenza
Lettura
Comprensione
Scrittura
Matematica e Calcolo
Memoria e Attenzione
La valutazione viene effettuata, in genere, nell’arco di 4 incontri. La durata della valutazione dipende, ovviamente, anche dall’età e dalla capacità di concentrazione del bambino/ragazzo. Infatti se quest’ultimo risultasse molto stanco, è buona pratica interrompere la valutazione e fissare un nuovo appuntamento, per evitare che la stanchezza vada ad interferire con la valutazione degli apprendimenti.
Al termine della valutazione, lo psicologo corregge i test e redige una relazione, in cui annota e descrive i risultati e inserisce la diagnosi di DSA. La diagnosi è strettamente legata ai risultati ottenuti durante la valutazione e deve seguire precisi criteri diagnostici.
I 4 incontri sono, in genere, così suddivisi: 1. Colloquio con uno o entrambi i genitori per la raccolta di informazioni; 2. Valutazione cognitiva; 3. Valutazione degli apprendimenti, memoria e attenzione; 4. Colloquio di restituzione con i genitori.
Quando si può fare Diagnosi di DSA
La diagnosi di dislessia, disortografia e disgrafia può essere effettuata alla fine del 2° anno di scuola Primaria, mentre la diagnosi di discalculia può essere effettuata a partire dalla fine del 3°anno della scuola Primaria.
Quando va Aggiornata la Diagnosi DSA?
La valutazione e la conseguente diagnosi va rifatta ad ogni passaggio di grado.
Quando un genitore ha il sospetto che le difficoltà riscontrate dal proprio figlio nello studio, siano legate a un disturbo dell’apprendimento, deve immediatamente rivolgersi a dei professionisti.
In Italia, la valutazione e l’eventuale diagnosi può essere effettuata solo da Psicologi che effettuino valutazioni neuropsicologiche o Medici, attraverso l’utilizzo di test standardizzati, seguendo apposite linee guida. A seconda della Regione di appartenenza, l’iter diagnostico può essere intrapreso presso un’azienda della sanità pubblica, oppure presso un professionista privato che abbia competenza in materia.
In alcune regioni la valutazione e la diagnosi possono essere effettuate solo dall’ASL, in altre possono essere effettuate da professionisti privati e validate dall’ASL, in altre ancora possono essere effettuate solo dall’ASL o professionisti accreditati. Per quanto riguarda la regione Emilia-Romagna, è possibile intraprendere l’iter sia all’ASL, sia presso un professionista. In alcuni casi poi, la scuola richiede che la certificazione sia validata dall’ASL (la validazione è molto veloce da ottenere).
Sia che venga fatta presso l’ASL, sia che venga fatta presso uno psicologo, la valutazione deve essere effettuata attraverso test standardizzati che indaghino le seguenti aree:
Intelligenza
Lettura
Comprensione
Scrittura
Matematica e Calcolo
Memoria e Attenzione
La valutazione viene effettuata, in genere, nell’arco di 4 incontri. La durata della valutazione dipende, ovviamente, anche dall’età e dalla capacità di concentrazione del bambino/ragazzo. Infatti se quest’ultimo risultasse molto stanco, è buona pratica interrompere la valutazione e fissare un nuovo appuntamento, per evitare che la stanchezza vada ad interferire con la valutazione degli apprendimenti.
Al termine della valutazione, lo psicologo corregge i test e redige una relazione, in cui annota e descrive i risultati e inserisce la diagnosi. La diagnosi è strettamente legata ai risultati ottenuti durante la valutazione e deve seguire precisi criteri diagnostici.
I 4 incontri sono, in genere, così suddivisi: 1. Colloquio con uno o entrambi i genitori per la raccolta di informazioni; 2. Valutazione cognitiva; 3. Valutazione degli apprendimenti, memoria e attenzione; 4. Colloquio di restituzione con i genitori.
Quando si può fare Diagnosi
La diagnosi di dislessia, disortografia e disgrafia può essere effettuata alla fine del 2° anno di scuola Primaria, mentre la diagnosi di discalculia può essere effettuata a partire dalla fine del 3°anno della scuola Primaria.
Quando va Aggiornata la Diagnosi?
La valutazione e la conseguente diagnosi va rifatta ad ogni passaggio di grado.
Il ruolo delle Arti Marziali nello Sviluppo Psicofisico del Bambino (e dell’Adulto)
Come le Arti Marziali aiutino a sviluppare Attenzione e Autocontrollo
Le Arti Marziali sono discipline basate sull’inscindibile fusione di mente e corpo. Non sono una semplice ginnastica o una semplice attività sportiva. Sono qualcosa di diverso, qualcosa che va oltre. Ci sono molte tipologie di Arti Marziali, tutte accomunate da alcuni principi fondamentali quali un lungo percorso storico alle spalle, un significato psicologico profondo e uno scopo educativo.
L’attività corporea strutturata ha molti benefici sulla persona, sia a livello fisico, sia a livello psicologico. In modo particolare le Arti Marziali concorrono a migliorare l’autostima, a sviluppare la sfera emotiva e l’empatia verso l’altro, aiutano a sperimentare rapporti con i pari, la collaborazione per arrivare ad uno scopo comune, il rispetto delle regole sociali e la perseveranza.
Un aspetto da non sottovalutare per chi pratica arti marziali, e che le distingue dagli altri sport, è il rapporto con il Sensei. La parola Sensei consta di due parti: sen, che significa“prima” e sei, che significa “vita”. Il Sensei è, pertanto, qualcuno più avanti nel percorso della vita. E’ qualcuno che, attraverso l’insegnamento delle arti marziali stimola il progresso personale di ciascun allievo e lo fa nel Dojo(Do = via; Jo = Luogo). Il Dojo, non è una semplice palestra, ma un luogo dove ci si imbarca nel viaggio della scoperta, guidati appunto da qualcuno che vi è passato prima di noi.
In concreto…cosa aiutano a sviluppare le arti marziali?
Le arti marziali aiutano a:
– Sviluppare e potenziare le Funzione Esecutive e Attentive come l’allerta, ovvero la capacità di prestare attenzione fino al segnale di avvio e iniziare un’azione; il controllo della risposta, ovvero la capacità di monitorare quale sia il momento opportuno per agire; l’attenzione in tutte le sue declinazioni; il problem solving e la memoria di lavoro, in quanto è necessario ascoltare le indicazioni, elaborarle e tenerle a mente per metterle in pratica al momento giusto.
– Gestire i conflitti della vita quotidiana, insegnando l’assertività. Gestire i conflitti in maniera assertiva, significa essere in grado di gestirli evitando l’aggressività. Avendo la capacità di comunicare in maniera non aggressiva, ascoltare l’altro senza prevaricarlo e giungere ad una soluzione che sia il più favorevole possibile per entrambi.
– Imparare rispetto e tolleranza verso i propri pari, sviluppando qualità sociali come l’empatia, la collaborazione, la responsabilità e la conoscenza dei propri limiti.
– Mantenere una condizione psicologica di rilassamento, che passa attraverso lo sviluppo dell’autostima e della respirazione. Tale condizione permette di non farsi sopraffare da emozioni negative e paure, tenendo sempre a mente chi siamo e i nostri obiettivi.
– Sviluppare la capacità di attendere una gratificazione, quindi della memoria prospettica che permette di immaginarsi lo scopo finale, anche se lontano nel tempo, e impegnarsi quotidianamente per un obiettivo che va al di là dei singoli allenamenti.
– Sviluppare la determinazione di impegnarsi in un percorso lungo e importante con la capacità di affrontare le difficoltà che, inevitabilmente, si incontrano durante la vita
– Sviluppare l’Autocontrollo, ovvero la capacità di gestire le proprie emozioni, i propri istinti, il proprio corpo e la propria mente.
Le Arti Marziali, permettono pertanto, se insegnate con criterio e con le giuste competenze, di sviluppare capacità sia dal punto di vista cognitivo, sia dal punto di vista affettivo e sociale. Diversi studi hanno infatti riportato come le Arti Marziali siano indicate anche per tutti quei bambini che hanno difficoltà di attenzione e di apprendimento.
Bibliografia: Antonietti R., Educare al conflitto: il ruolo delle arti marziali.Stage Nazionale Aikido – Fesik e D.A. Diretto dal M. Dott. Michel Nehme – 24-26/9/10 Gaeta. FACCIOLI, LUCIANO & ARDU, ELEONORA & Benso, Francesco. (2015). Funzioni Attentive Esecutive, gioco del calcio e apprendimenti. Difficoltà in Matematica Erickson Trento. 201 . 215. LuccherinoL. e Pezzica S., Sport e ADHD: un Campus Estivo residenziale per adolescenti con Disturbo da Defi cit di Attenzione e Iperattività.Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (2012), vol. 79: 467-478.